giovedì 29 dicembre 2011

"NO IMPIANTO BIOMASSE INALCA"


RICEVIAMO E POSTIAMO IL COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO “NO IMPIANTO BIOMASSE INALCA”, CHE SI E’ APPENA COSTITUITO PER CONTRASTARE LA REALIZZAZIONE DELL’INCENERITORE DI BIOMASSE DI ORIGINE ANIMALE CHE DOVREBBE SORGERE A CASTELVETRO, A FIANCO DELLO STABILIMENTO DELLA LAVORAZIONE CARNI DEL GRUPPO CREMONINI.
AL PRESIDENTE LUCIANO LUGLI, AI COMPONENTI DEL DIRETTIVO E A TUTTI I CITTADINI ESPRIMIAMO LA NOSTRA PIENA SOLIDARIETA’ E ASSICURIAMO IL NOSTRO SOSTEGNO.


mercoledì 28 dicembre 2011

BUON 2012 ... SENZA INCENERITORI


Vorremmo chiudere il 2011 con una nota, se non di ottimismo, almeno di speranza, gettando uno sguardo ad alcuni eventi che si sono verificati nella Regione Toscana, che condivide con l’Emilia Romagna il primato italiano per numero di inceneritori attivi sul territorio: siamo infatti secondi (a pari merito) solo alla Lombardia, con 8 impianti attivi ciascuno.

Ma in Toscana, nel corso dell’anno che sta per finire, si è assistito alla chiusura di diversi impianti.

Quello di Pietrasanta, in provincia di Lucca, è stato bloccato nel 2010 in seguito all'immissione di liquidi tossici nei torrenti vicini all’impianto, ma già in precedenza erano stati segnalati superamenti dei limiti relativi alla concentrazione di metalli pesanti nelle acque e alti livelli di diossina. Oltre a ciò, l’impianto è al centro di un’inchiesta per manomissione del sistema di registrazione dei livelli di monossido di carbonio emesso: la rilevazione dei dati è stata insomma alterata attraverso l’uso di un software appositamente dedicato – e questo la dice lunga sull’affidabilità dei dati diffusi sulle emissioni in atmosfera.

L’impianto di Castelnuovo Garfagnana, chiuso anch’esso già dal 2010 e per il quale era stata ventilata la riapertura, resterà invece definitivamente chiuso, in seguito alla decisione della Provincia di Lucca di aderire alla "Strategia Rifiuti Zero", già sperimentata con successo a Capannori e ora estesa a tutto il territorio provinciale, con l’obiettivo immediato di estendere la raccolta differenziata sino a raggiungere il 65% entro il 2012 (come deciso anche dalla Provincia di Reggio Emilia) e, a più lungo termine, di raggiungere lo stadio “rifiuti zero” entro il 2020.

L’inceneritore di Pisa ha invece visto chiudere per emissioni di diossina superiori ai limiti di legge dapprima la linea 2, a novembre, e un mese dopo anche la linea 1. Attualmente l’impianto è fermo per lavori di manutenzione straordinaria e per verifica dei processi di combustione.

La situazione dell’inceneritore di Scarlino è invece ancora sospesa: il 18 novembre scorso il TAR della Toscana ne aveva annullato l’AIA e la VIA, provocando la chiusura dell’impianto. Successivamente la società che lo gestisce ha fatto ricorso e ha ottenuto dal Consiglio di Stato di poter riprendere le attività fino al 10 gennaio, data dell’udienza di appello, da cui si attende una risposta definitiva sulle sue sorti.

Ciò che emerge con tutta evidenza dalle vicende qui riassunte è che:

  • a dispetto di tutte le rassicurazioni ufficiali, gli inceneritori creano molti problemi oggettivi e misurabili, che intaccano in modo immediato l’ambiente e dunque minano la salute dell’uomo;
  • la strada dell’incenerimento pertanto non può più essere percorsa, sia per l’alto livello di inquinamento ambientale raggiunto in alcune zone (tra queste, certamente l’Emilia Romagna e, in particolare, la Pianura Padana), sia perché ciò contravviene espressamente alle stesse linee guida europee in materia di trattamento dei rifiuti. Tali indicazioni, sintetizzate in un documento della Commissione Europea, intitolato Portare avanti l’utilizzo sostenibile delle risorse. Una strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, mette al primo posto proprio la prevenzione nella produzione dei rifiuti, poi il loro riutilizzo, riciclaggio e recupero, considerando infine lo smaltimento come extrema ratio;
  • la strada, ormai ampiamente nota, sintetizzata nella “Strategia Rifiuti Zero” è l’unica alternativa possibile e percorribile.

Nell’imminenza della fine dell’anno, vogliamo perciò augurarci e augurare a tutti che anche la nostra Provincia e la nostra Regione si decidano a cambiare strada, attuando politiche di riduzione e trattamento dei rifiuti che non incrementino ulteriormente l’inquinamento già insostenibile della nostra terra.

Buon 2012 a tutti …. senza inceneritori. 

sabato 24 dicembre 2011

"AUGURI SCOMODI"


Il post di oggi è una celeberrima lettera di don Tonino Bello, vescovo e attivista in movimenti pacifisti internazionali, alle cui parole ci uniamo per formulare a tutti un sincero augurio per un Natale di pace.



Non obbedirei al mio dovere di Vescovo, se vi dicessi "Buon Natale" senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.
Non posso, infatti, sopportare l'idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla "routine" di calendario. Mi lusinga, addirittura, l'ipotesi che qualcuno li possa respingere al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un'esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l'inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell'affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere "una gran luce", dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell'edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, "facendo la guardia al gregge" e scrutando l'aurora, vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E poi vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l'unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.


martedì 20 dicembre 2011

PRESTO CHIUSO L'INCENERITORE DI CAVAZZOLI (RE)

Il 16 dicembre scorso, a Reggio Emilia, i Comuni riuniti nell’assemblea dell’ATO (Ambito Territoriale Ottimale) hanno approvato un nuovo Piano d’ambito e il correlato Atto d’indirizzo per l’attuazione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti.
Le linee principali di questo Atto, pensato per un medio-lungo periodo, prevedono anzitutto un incremento della raccolta differenziata, i cui livelli sono già piuttosto elevati, fino a raggiungere l’obiettivo prefissato del 67% nel 2014; e in secondo luogo un processo di recupero, trattamento e smaltimento dei rifiuti, fra cui il TMB, cioè il Trattamento Meccanico Biologico (il piano dettagliato può essere visionato a questo link).
Queste misure renderanno possibile la chiusura di un inceneritore (quello di Cavazzoli, nel 2012); secondo le stesse parole di Mirko Tutino, Assessore alla Pianificazione e all’Ambiente della Provincia di Reggio Emilia, quello proposto è “un modello che, se adottato in tutte le province emiliano-romagnole, consentirebbe di spegnere almeno la metà dei termovalorizzatori e superare gradualmente la tecnologia legata all’incenerimento”.
Il caso di Reggio Emilia non è isolato:  a Varese ad esempio, a fronte di un aumento della popolazione, si assiste a un decremento della produzione dei rifiuti urbani e a un incremento della raccolta differenziata, tale da scongiurare l’eventuale costruzione di un altro impianto di incenerimento.
Questi esempi dimostrano che gli inceneritori non sono necessari, se c’è la volontà politica di farne a meno. Ci auguriamo che strategie di questo tipo conoscano una sempre maggiore diffusione e che siano sempre più numerose le Amministrazioni capaci di scelte così lungimiranti.

lunedì 19 dicembre 2011

REPORT



Postiamo interamente il documentario di Report andato in onda ieri sera, 18 Dicembre 2011.
Improvvisamente la finanza speculativa si accorge che terreni fino a ieri potenzialmente destinati alla sola coltivazione di prodotti commestibili oggi renderebbero molto di più se sfruttati per produrre "biocarburanti".  Poco importa se tutto questo è altamente immorale. Poco importa se le popolazioni indigene dei continenti più poveri del mondo vengono cacciate dalle loro terre, che si sono tramandate di padre in figlio per generazioni. Tutto questo in nome di una riduzione della CO2 che è solo sulla carta!
A questo punto ci chiediamo: che cosa lasceremo ai nostri figli?

Dal minuto 19:00 si parla anche degli "impianti a biomasse", che vanno tanto di moda in Italia.

venerdì 16 dicembre 2011

BIOMASSE DILAGANTI IN APPENNINO


La Provincia di Modena ha stanziato oltre cinque milioni di euro per incentivare la produzione di “energie alternative” di derivazione agricola e per finanziare la realizzazione di impianti a biomassa, la maggior parte dei quali dovrebbe essere costruita in Appennino (la notizia può essere letta qui).
Se ci si aggiunge la recente proposta di Fiper (Federazione Italiana Produttori Energie Rinnovabili) circa la realizzazione di 801 centrali a biomassa per i comuni non metanizzati, dislocati in particolare nel nord Italia, si ottiene uno scenario sufficientemente indicativo della via che le nostre Amministrazioni intendono percorrere e che è eufemistico definire allarmante. 

Innanzitutto, come può il cittadino sentirsi rassicurato circa l’innocuità di impianti all’interno dei quali è di fatto possibile bruciare di tutto? Secondariamente, fino a che punto è sostenibile una diffusione capillare di impianti a biomassa alimentati da scarti agricoli e da boschi?

Non c’è bisogno di lambiccarsi, ma è sufficiente guardarsi attorno e prendere atto, ad esempio, di quanto sta accadendo in Germania, paese la cui superficie forestale è pari a circa un terzo del territorio nazionale (percentuale paragonabile a quella italiana). Ebbene, l'affiliata tedesca della multinazionale energetica svedese Vattenfall, in base a un accordo con il senato di Berlino, importerà alberi africani per produrre energia “verde” in Germania, dal momento che i boschi locali non bastano a soddisfare il fabbisogno. Fabbisogno che, peraltro, si limita a costituire appena poco più del 30% dei materiali utilizzati dagli impianti a biomassa realizzati da Vattenfall: oltre il 60% è infatti costituito da rifiuti domestici e industriali. Riassumendo, un colosso che gestisce anche centrali a carbone e impianti nucleari deprederebbe l’Africa, creando emissioni di gas a effetto serra per trasportare in Europa ingenti carichi di legname, in loco mischiando tutto ai rifiuti -  e questa sarebbe “energia verde”.

Ci sembra che ci sia più di un motivo per riflettere. Queste semplici constatazioni, che sollevano grandi interrogativi, dovrebbero bastare per rispondere alla domanda se le cosiddette “energie rinnovabili” siano sempre davvero tali, o piuttosto grossi affari per qualcuno, ai danni delle comunità e dell’ambiente.
Se qualcuno avesse dubbi su quanto siano collegati, in nome degli affari, inquinamento e corruzione (assioma sostenuto da tempo dal Prof. Paul Connett, divulgatore convinto della strategia Rifiuti Zero, sempre più largamente attuata anche in grandi metropoli: emblematico è il caso di San Francisco), non deve far altro che scorrere i quotidiani di questi giorni.
Su “Repubblica” si legge ad esempio che Iren, la multiutility che dovrebbe realizzare l’inceneritore di Parma, “avrebbe pagato 880mila euro al Comune e alla Provincia per la pratica” dell’impianto, secondo le dichiarazioni di un ex consigliere di minoranza. Una pratica piuttosto costosa e sulla quale il comitato Gestione Corretta Rifiuti di Parma sta chiedendo a gran voce che sia fatta chiarezza.
E’ invece apparsa su “Il Fatto quotidiano” la notizia relativa all’arresto di undici persone, rinviate a giudizio per avere smaltito rifiuti pericolosi all’interno dell’inceneritore della Riso Scotti Energia, che avrebbe dovuto produrre energia pulita (i reati contestati vanno dal traffico illecito di rifiuti a truffa e corruzione, passando per la frode in pubbliche forniture).

Il problema è pertanto ben più complesso di quanto possa apparire a prima vista. Una revisione della normativa vigente in una direzione che tuteli maggiormente cittadini e territorio è indispensabile, a cominciare dagli incentivi per la produzione di energia elettrica da biomassa, che, al contrario di quanto sostiene Confagricoltura, non devono affatto essere incrementati ulteriormente, bensì, esattamente all’opposto, ritoccati al ribasso. Questi impianti devono essere sostenibili da tutti i punti di vista: innanzitutto da quello ambientale (devono cioè poter essere alimentati senza depredare il territorio e snaturarne le caratteristiche; deve essere garantito il rispetto per l’ecosistema e per la vocazione del territorio), ma anche da quello economico (se sono convenienti solo in presenza di incentivi, evidentemente non si tratta di un’alternativa percorribile né di una produzione virtuosa).

La diffusione capillare degli impianti a biomassa non ha nulla di “verde”, perché non è sostenibile su larga scala: questo implica necessariamente il ricorso ad altre fonti, che vengono attinte al mercato globale (con le conseguenze sopra illustrate) o individuate nell’integrazione con rifiuti (con l’evidente conseguenza di trasformare gli impianti in inceneritori travestiti).
E’ chiaro che la logica sottesa a queste operazioni è puramente economica: non possiamo accettare di essere depredati delle risorse fondamentali cui tutti abbiamo diritto (aria, acqua, terra). Non possiamo accettare di essere tutti avvelenati per l’interesse finanziario di pochi.

(L'immagine è tratta dalla copertina della rivista TuttoNormel n. 11 Novembre 2011)

mercoledì 14 dicembre 2011

COMITATO CONTRO L'INCENERITORE INALCA

Riceviamo e postiamo la comunicazione relativa alla costituzione del Comitato contro l'inceneritore dell'Inalca, invitando come sempre tutti coloro che ne avessero la possibilità a partecipare.

"VENERDI' 16 DICEMBRE ALLE ORE 21, PRESSO LA SALA RIUNIONI IN PIAZZA CADUTI LIBERTA' A SPILAMBERTO (DI FIANCO AL MUNICIPIO), SI TERRA' L'ASSEMBLEA PER LA COSTITUZIONE DEL COMITATO NO INCENERITORE BIOMASSE INALCA.
SI RACCOMANDA LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI".


lunedì 12 dicembre 2011

MORATORIA CONTRO LE BIOMASSE

Il coordinamento interprovinciale dei Comitati civici di Bologna e Ferrara, riunitosi venerdì 9 dicembre u.s. a Galliera, ha annunciato l’intenzione di chiedere alla Regione Emilia Romagna la moratoria per contrastare la proliferazione di impianti a biomasse per la produzione di energia elettrica, che la legge attuale non solo consente, ma addirittura incoraggia.
La diffusione di tali impianti su un territorio che è già fra i più inquinati del pianeta appare sempre più insostenibile: è indispensabile pervenire a una revisione della normativa sulle fonti rinnovabili di energia e, nell’attesa, impedire che vengano realizzati nuovi impianti.
Qui di seguito, il testo dell’articolo (che può essere letto anche a questo link).


Centrali a biogas chiesta la moratoria

Il coordinamento tra comitati civici riunito a Galliera chiederà alla Regione lo stop alle costruzioni

GALLIERA (BO). La richiesta alla Regione Emilia Romagna di uno stop alla costruzione di centrali a biogas. La moratoria è il prossimo obiettivo del coordinamento tra comitati civici del Ferrarese e del Bolognese contro la proliferazione delle centrali a biomasse, che per produrre elettricità usano terreno dedicato all'agricoltura e incrementano il già pesante inquinamento della Pianura Padana. E’ emerso l’altra sera a Galliera, a margine di un’affollata tavola rotonda per informare i cittadini sui problemi causati anche da queste centrali. Ad affermarlo, Maurizio Lodi (comitato Territorio e vita di Galliera, tra gli esponenti del coordinamento interprovinciale). "Abbiamo già svolto vari incontri - spiega Lodi - e ora stiamo preparando la base legale per presentare alla Regione la richiesta di moratoria".

E venerdì sera nella sala del municipio di Galliera – territorio nel quale è stato presentato un progetto per una centrale a biomassa, su cui il Comune ha detto no – erano molti i ferraresi presenti all’iniziativa indetta dalla locale commissione consiliare sulla centrale. Tra i relatori, con il professor Salvatore Virzì, primario di chirurgia all’ospedale di Bentivoglio e consigliere comunale della maggioranza a S. Pietro in Casale, c’erano Luigi Gasparini, il medico igienista referente per Ferrara dell’Associazione Medici per l'Ambiente, e Cleante Ravani, il cittadino bondenese che vive a pochi metri da quattro centrali a biogas.

E tra il pubblico, rappresentanti dei comitati anti biogas di Poggio Renatico e Masi Torello.Gasperini ha aperto la tavola rotonda, spiegando il grave inquinamento atmosferico della Pianura Padana e affermando che il biogas, se "e' meno peggio di altri combustibili"  ha un impatto sia per gli odori, sia per lo spargimento del digestato sui campi, sia per le emissioni: le dirette, connesse al bruciare metano per produrre elettricità (con produzione di polveri sottili, diossine, benzene, acido solfidrico e non solo) e quelle indirette, per gli scarichi dei mezzi che trasportano le biomasse agli impianti.

Quindi Ravani ha raccontato lo sconvolgente impatto sulla sua vita degli impianti bondenesi e il dottor Virzì – che come medico ha sollecitato Ravani a lasciare la sua casa, per evitare danni alla salute - ha portato all’attenzione la ricca letteratura medica sugli effetti delle emissioni, in particolare sull’incidenza nelle malattie respiratorie. Poi parola al pubblico, con vari interventi, tra cui quello del sindaco di Galliera, Anna Teresa Vergnana ("la nostra è un'amministrazione ben diversa da quella di Bondeno" ha detto a Ravani) che ha ribadito come il Comune andrà avanti per evitare l’insediamento della centrale.

Accorato l’appello di una rappresentante del comitato di Masi Torello che, dopo aver ricordato che "il nostro sindaco ha tenuto tutto nascosto" , ha richiamato i politici a difendere la salute dei cittadini e ha posto l’accento sul problema etico dello sfruttamento di terreni agricoli per produrre elettricità. E a dibattito finito, il commento di un’esponente del comitato di Poggio Renatico: "Speriamo che il sindaco Pavani si comporti come il sindaco di Galliera. E manetnga il no, già annunciato, alla centrale". (al.vin)

sabato 10 dicembre 2011

CALATAFIMI: UN'AMMINISTRAZIONE VIRTUOSA

A Calatafimi-Segesta la costruzione di un impianto a biomasse è stata bloccata sul nascere per il parere contrario dell'Amministrazione Comunale e degli Enti locali coinvolti nell'iter autorizzativo, i quali hanno sottolineato la pericolosità di questo tipo di impianti per la salute umana e per l'ambiente, nonché gli effetti negativi per l'economia locale.
Questa è una dimostrazione lampante di quanto gli Amministratori lungimiranti possano contribuire in modo determinante e preventivo a tutelare i cittadini e gli interessi della comunità, anziché quelli - puramente economici - dei privati. 
Auspichiamo che casi come quello di Calatafimi-Segesta non restino vicende isolate di buona amministrazione, ma servano di esempio per tutti.
Di seguito, il testo integrale dell'articolo (che può essere letto anche a questo link).


martedì 6 dicembre 2011

NUOVO COMITATO ANTI-INCENERITORE

Riceviamo e postiamo la comunicazione relativa all'imminente costituzione di un comitato contro l'inceneritore dell'Inalca. Invitiamo calorosamente chiunque ne abbia la possibilità a partecipare all'assemblea e alle iniziative che seguiranno, ricordando che anche ai fumi tossici piace la montagna...

"Al fine di formare un comitato civico apartitico è indetta una riunione per domani sera, mercoledì 7 dicembre, alle ore 20.30, presso la SALA RIUNIONI A FIANCO DEL COMUNE DI SPILAMBERTO, IN PIAZZA CADUTI LIBERTA'.
E' GRADITA LA PRESENZA DI TANTE PERSONE PER CERCARE DI SALVARE UN PO' DI AMBIENTE".

lunedì 5 dicembre 2011

COMUNICATO ISDE

Postiamo il comunicato inviato agli organi di stampa dall’ISDE (Società Internazionale dei Medici per l’Ambiente), in cui l'Associazione da un lato commenta i risultati emersi dal progetto Moniter, dall'altro prende le distanze dal comunicato della Giunta Regionale, il cui testo integrale può essere visionato qui. Tale comunicato, che offre una lettura dei dati contrastante con le conclusioni formulate dagli stessi ricercatori coinvolti nel progetto, è stato ripreso nei giorni scorsi dalla stampa locale, nonostante l'esplicita richiesta di ritirarlo formulata pubblicamente dallo stesso Presidente del Comitato scientifico di Moniter, professor Terracini.


    
Sono stati presentati ieri [2 dicembre 2011, ndr] a Bologna i risultati definitivi dello studio Moniter, studio avviato nel 2007 dalla Regione Emilia Romagna per indagare gli effetti sull’ambiente e sulla salute nelle popolazioni residenti in prossimità degli 8 inceneritori presenti sul territorio regionale. Tali risultati, in particolare l’incremento dei linfomi non Hodgkin nella coorte di Modena, appaiono come segnali di allarme circa l’esistenza di ricadute negative per la salute nelle popolazioni esposte alle emissioni di questi impianti ed appaiono coerenti con altre segnalazioni emerse dalla letteratura.
Abbiamo infatti appreso che ai rischi già segnalati di “piccoli per età gestazionale” (ovvero di neonati di di peso inferiore alla nascita di quanto ci si sarebbe aspettato) e di “nascite pretermine, si aggiunge anche un “andamento crescente della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione”, un “andamento crescente con l’esposizione a carico della totalità delle malformazioni” .
Inoltre la “mortalità per tumore a fegato e pancreas nei maschi è significativamente associata nel livello di esposizione più elevato” e si registrano inoltre incrementi anche di incidenza per tumore al pancreas nei maschi e, nella coorte di Modena più a lungo indagata, incrementi per tumore al polmone nei maschi, tumore al colon, ovaio ed endometrio nelle femmine e linfomi non Hodgkin in entrambi i sessi.
Segnaliamo che tali rischi, visti i tempi di latenza delle patologie tumorali, potrebbero non essersi ancora manifestati in maniera totale nelle altre coorti che non risultano altrettanto indagate come quella di Modena per quanto attiene l’esposizione temporale.
Inoltre non ci sembra che siano stati indagati effetti a breve termine, in particolare nei bambini, quali i ricoveri per patologie respiratorie e cardiache, indicatori eccellenti di danni immediati alla salute umana e “premonitori” dei danni a più lungo termine.
Ricordiamo che un recente studio condotto a Seoul su 4 inceneritori che rispettano i limiti emissivi ha valutato – per soli 4 inquinanti (PM10, NOx, SO2, CO) – un carico complessivo di morti e malati di ben 297/persone anno!
Se poi si tiene conto che in letteratura gli studi che hanno prodotto i risultati più significativi hanno indagato popolazioni residenti entro 10 km e sono stati condotti su decine di impianti (nel Moniter indagati 8 impianti per un raggio di 4 km ciascuno), le nostre preoccupazioni non possono che aumentare. Spiace inoltre constatare che nello studio Moniter, costato 3 milioni e 400 mila euro e che ha previsto sofisticate indagini ambientali, la ricerca della diossine sia stata fatta nel particolato aereo e non in polli o altri matrici viventi dove effettivamente questi inquinanti si accumulano come esami autonomamente condotti a Forlì hanno evidenziato.
Non può quindi che destare profondo sconcerto la rassicurazione a pieno campo operata dai decisori politici con il comunicato stampa emesso dalla Giunta Regionale che letteralmente recita: l’indagine epidemiologica condotta nell’ambito di Moniter non mostra un incremento del rischio nè per patologie tumorali, nè per la mortalità in generale.. Rimane solo la conferma di un aumento delle nascite pre termine…. Anche questo dato rimane tuttavia entro la media regionale e non è correlato a nessun aumento di rischio per la salute dei neonati”.
A nostro avviso, ma evidentemente anche per il Presidente del Comitato Scientifico che ha invitato a ritirare il comunicato suddetto, i risultati di Moniter sono quanto meno segnali da non sottovalutare, tanto più che viviamo nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate del pianeta.
Pertanto, in accordo con i colleghi di Seoul non possiamo che ribadire che: nessun ulteriore aggravio per la salute umana proveniente dall’incenerimento dei rifiuti può essere considerato accettabile” .

3 dicembre 2011

Sezione ISDE Bologna
Sezione ISDE Ferrara
Sezione ISDE Forlì
Sezione ISDE Parma
Sezione ISDE Piacenza

venerdì 2 dicembre 2011

CONVEGNO MONITER




Oggi, 2 dicembre 2011, si è tenuto a Bologna il convegno Moniter (Monitoraggio degli Inceneritori nel Territorio dell’Emilia Romagna), durante il quale sono stati resi noti i dati emersi da uno studio lungo e complesso, durato 4 anni (dal 2007 al 2011) e costato oltre tre milioni di euro. Il progetto, promosso e finanziato dalla Regione Emilia Romagna, si è articolato in sette linee di indirizzo e ha visto coinvolti molti tecnici e specialisti, per lo più appartenenti ad Arpa e Regione Emilia Romagna (spesso con funzione direttiva di singole linee di indagine), ai quali sono stati affiancati studiosi esterni, appartenenti a centri di ricerca o università.

Le linee progettuali hanno indagato: 1) il particolato emesso dagli inceneritori; 2) la sorveglianza ambientale; 3) la valutazione dell’esposizione umana; 4) gli effetti sulla salute; 5) la qualità dell’aria; 6) la definizione di un protocollo per la valutazione dell’impatto sanitario; 7) le modalità di comunicazione fra enti istituzionali e cittadini riguardo la realizzazione e la gestione degli inceneritori, in considerazione della crescente opposizione alla loro costruzione da parte dell’opinione pubblica.

Il resoconto dettagliato degli studi compiuti può essere consultato in rete a questo link; il nostro intento è qui semplicemente di fornire una sintesi dei risultati più significativi per quanto riguarda le conseguenze provocate dagli inceneritori sulla salute umana e, soprattutto, come vedremo, di stigmatizzare le modalità comunicative scelte da alcuni relatori e dalla giunta regionale, volte a minimizzare, quando non addirittura a stravolgere, il senso dei risultati emersi.

Per quanto riguarda i dati, sono state osservate le seguenti correlazioni:
Effetti a breve termine:
1)    “un’associazione coerente e statisticamente significativa tra livelli di esposizione ad emissioni da inceneritore e nascite pretermine”, con “aumento progressivo del rischio” in relazione all’aumento di esposizione (Atti del convegno, p. 98);
2)    “un andamento crescente della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione” (ibid.).
Malformazioni congenite:
1)   si osserva “un andamento crescente con l’esposizione a carico della totalità delle malformazioni” (Atti del convegno, p. 99).
Effetti a lungo termine:
1)     “alcune sedi tumorali, colon nelle donne e linfoma non Hodgkin, per le quali esisteva già una debole evidenza a priori, sono state associate con l’esposizione […]. Il tumore del fegato, anch’esso già segnalato in letteratura, è risultato variamente associato con l’esposizione. Infine per il tumore del pancreas, non esplorato in altri studi, è stata osservata nei maschi un’associazione con l’esposizione” (Atti del convegno, p. 103).

A fronte di questi dati, oggettivi e inoppugnabili, abbiamo comunque dovuto assistere allo spettacolo di alcuni relatori che, arrampicandosi sugli specchi per minimizzare i risultati delle loro stesse ricerche, facevano scorrere rapidamente le slides più significative o azzardavano fantasiose interpretazioni alternative per giustificarli.

Ma il punto culminante è stato raggiunto al momento della discussione finale, allorché ha preso la parola il dottor Crosignani, dell'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, chiedendo spiegazioni a proposito di alcuni stralci del comunicato stampa diffuso dalla giunta regionale, nel quale si concludeva che lo studio avrebbe dimostrato l'assenza di un'associazione diretta e causale tra determinate patologie e l'esposizione agli inceneritori, cioè esattamente il contrario di quanto emerso, nonostante gli evidenti sforzi compiuti per dissimularlo nell’esposizione orale da parte di alcuni relatori, in spregio dell’intelligenza del pubblico presente! A quel punto è intervenuto il prof. Benedetto Terracini, epidemiologo di fama internazionale e Presidente del Comitato scientifico di Moniter, dissociandosi radicalmente dal comunicato stampa e chiedendo ufficialmente alla giunta di ritirarlo.

Ci domandiamo che valenza possa avere commissionare uno studio lungo, articolato e complesso, se poi i dati vengono interpretati e diffusi in senso puramente strumentale, per sostenere che “l’impatto di un inceneritore dotato delle migliori tecnologie disponibili ed esercito al meglio sulla qualità dell’aria è talmente basso da essere indiscernibile” (secondo le parole di Mario Cirillo, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale: Atti del convegno, p. 10).
E la risposta che ci diamo è la seguente: la Regione Emilia Romagna, seguendo le linee nazionali, sta incrementando spaventosamente la presenza di impianti di incenerimento variamente caratterizzati e denominati su tutto il territorio e, avendo bisogno di un sostegno da opporre alle crescenti proteste dei cittadini organizzati in comitati, lo va cercando nella comunità scientifica. Fortunatamente, senza trovarlo.

Ma che fiducia possono continuare a nutrire i cittadini verso questi politici, verso questo modo di fare politica, verso questi tentativi di rendere accettabile (spacciandolo per innocuo) ciò che danneggia gravemente la nostra salute e quella dei nostri figli, puntando su strategie comunicative opportune, "ad esempio utilizzando il linguaggio delle emozioni e in particolare quelle positive, es. fiducia, serenità, ottimismo, etc." (Atti del convegno, p. 164, precisamente a proposito delle modalità comunicative da utilizzare per risolvere i conflitti tra cittadini e soggetti proponenti inceneritori di varia natura)?

Non intendiamo farci abbindolare dalle parole. Auspichiamo da parte di tutti una sempre maggior consapevolezza, una sempre maggior ricerca di informazione attinta direttamente alle fonti, una sempre maggior partecipazione al processo decisionale. Affinché non tutto continui ad avvenire sopra le nostre teste, a nostra insaputa e nostro malgrado.

Link correlati:
Articolo su Il fatto quotidiano
Video di Giovanni Favia
Comunicato stampa della Regione Emilia Romagna