Confederazione Italiana
Agricoltori ha inviato ai ministri Catania, Clini e Passera un documento in cui
il suo Presidente, Giuseppe Politi, presenta una serie di proposte riguardanti
il settore delle energie rinnovabili in ambito agricolo.
In particolare, il testo si
focalizza ovviamente sulla questione degli incentivi per gli impianti che
forniscono energia elettrica da biomasse: si tratterebbe di erogare maggiori
contribuiti agli impianti più piccoli, diminuendo i finanziamenti in maniera
progressiva con il crescere della potenza, fino a 1MWe. La produzione di
energia elettrica non dovrebbe comunque avvenire per esclusivo autoconsumo, ma
in vista della sua immissione sul mercato energetico.
In altre parole, proprio la
Confederazione degli Agricoltori, che dovrebbe avere a cuore le sorti del
territorio e l’uso primario dei terreni per il settore agroalimentare, spinge
fortemente per uno spostamento d’interesse verso un settore – quello
dell’energia da biomasse – che, di per sé evidentemente non redditizio, se
necessita di incentivi, si vuole tuttavia portare ad essere dominante.
Ci domandiamo perché. E la risposta, naturalmente, è che devono essere sostenuti a tutti i costi gli
interessi di grandi gruppi, quelli che dominano il mercato delle cosiddette rinnovabili: non dimentichiamo infatti che fra i maggiori sostenitori delle energie pulite ci sono alcune
tra le multinazionalli più potenti al mondo, che gestiscono le nuove tecnologie
(tra cui le nanotecnologie e l’ingegneria genetica) in grado di trasformare le
biomasse in prodotti altamente redditizi.
A pagare, altrettanto naturalmente, sono sempre i cittadini, sia con i propri denari che vanno a costituire gli incentivi statali, sia con la propria salute, danneggiata dal proliferare di impianti sul territorio. Sì, perché le biomasse non sono innocue, non sono pulite, non hanno un impatto zero sull’ambiente, come si tenta di far credere, bensì al contrario incidono notevolmente sull’inquinamento atmosferico, anche attraverso la produzione di polveri sottili.
Ciò è talmente vero che, ad esempio, il Comune di Ancona ha recentemente diffuso un’ordinanza mirata a limitare fortemente l’uso di qualsiasi impianto a biomasse già esistente sul territorio (compresi i camini domestici, se presente altra fonte di riscaldamento), a partire dal 29 dicembre u.s., proprio per cercare di contenere gli elevati livelli di inquinamento sul territorio comunale.
A pagare, altrettanto naturalmente, sono sempre i cittadini, sia con i propri denari che vanno a costituire gli incentivi statali, sia con la propria salute, danneggiata dal proliferare di impianti sul territorio. Sì, perché le biomasse non sono innocue, non sono pulite, non hanno un impatto zero sull’ambiente, come si tenta di far credere, bensì al contrario incidono notevolmente sull’inquinamento atmosferico, anche attraverso la produzione di polveri sottili.
Ciò è talmente vero che, ad esempio, il Comune di Ancona ha recentemente diffuso un’ordinanza mirata a limitare fortemente l’uso di qualsiasi impianto a biomasse già esistente sul territorio (compresi i camini domestici, se presente altra fonte di riscaldamento), a partire dal 29 dicembre u.s., proprio per cercare di contenere gli elevati livelli di inquinamento sul territorio comunale.
E’ pertanto inaccettabile che si
ignorino dati di fatto inoppugnabili e si prosegua imperterriti verso la
devastazione sistematica del territorio, sia quello già gravemente compromesso
dagli insediamenti industriali, sia quello ancora (per poco?) relativamente
pulito. Per di più, incoraggiando gli agricoltori a destinare terreno alla
produzione di materiali da bruciare!
Si devono evitare simili
aberrazioni; si deve evitare di saccheggiare le risorse boschive, danneggiando
il territorio sia attraverso la realizzazione di strade per permettere
l’accesso ai boschi, sia attraverso l’abbattimento dei naturali sistemi
drenanti che evitano frane e smottamenti; si deve evitare di pensare che molti
impianti piccoli non siano dannosi, perché il bilancio complessivo è ugualmente
inquinante.
E’ quanto mai urgente una
revisione della normativa che introduca una disciplina più rigida nell’attuale
caos, che, di fatto, permette e anzi agevola la realizzazione quasi
incontrollata degli impianti a biomasse, attraverso l’introduzione di una serie
di valutazioni d’insieme che vadano a considerare attentamente il contesto
generale entro cui tali impianti andrebbero a inserirsi.
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