E' uscito ieri sul "Resto del Carlino" l'articolo sopra riportato, che annuncia la realizzazione di alcuni impianti a biomasse in altrettanti centri dell'Appennino (nell'immediato, Fanano, Pievepelago e Montecreto).
Siamo
molto soddisfatti di apprendere che il caso di San Dalmazio ha fatto
scuola: altri Comuni montani, prima di procedere con le autorizzazioni,
intendono mettere bene in chiaro che il loro impianto non è come quello
proposto a Serramazzoni!
In
primo luogo, gli impianti proposti negli altri comuni sono molto più
contenuti (circa 12 volte più piccoli del "nostro" dissociatore
molecolare) e sono destinati al solo teleriscaldamento, quindi
progettati per funzionare soltanto nel periodo invernale (solo 2500 ore
all'anno, contro le 8000 ore all'anno dell'impianto proposto a
Serramazzoni).
Secondariamente,
si tratta di impianti che funzionano esclusivamente a cippato di bosco,
basandosi su appalti di fornitura concessi ad agricoltori locali che
possono garantire la filiera: chiaramente queste caldaie non possono
funzionare se alimentate con rifiuti solidi urbani (per citare soltanto
un tipo di materiale che invece potrebbe essere smaltito
nell'inceneritore di Serramazzoni).
Infine
ci teniamo a precisare che nel piccolo Comune di Montecreto, anche se
l'opera verrebbe realizzata da un privato, il Sindaco si è premurato di
informare prima i cittadini.
Ci auguriamo vivamente che l'esempio mostrato da questi Comuni appenninici venga seguito da tutti.
forse si adatta poco al nostro caso però rende l'idea: "colpirne uno per educarne 100"
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