RICEVIAMO E POSTIAMO IL
COMUNICATO STAMPA DEL COMITATO “NO IMPIANTO BIOMASSE INALCA”, CHE SI E’ APPENA
COSTITUITO PER CONTRASTARE LA REALIZZAZIONE DELL’INCENERITORE DI BIOMASSE DI
ORIGINE ANIMALE CHE DOVREBBE SORGERE A CASTELVETRO, A FIANCO DELLO STABILIMENTO
DELLA LAVORAZIONE CARNI DEL GRUPPO CREMONINI.
giovedì 29 dicembre 2011
"NO IMPIANTO BIOMASSE INALCA"
mercoledì 28 dicembre 2011
BUON 2012 ... SENZA INCENERITORI
Vorremmo chiudere il 2011 con una nota, se non di ottimismo, almeno di speranza, gettando uno sguardo ad alcuni eventi che si sono verificati nella
Regione Toscana, che condivide con l’Emilia Romagna il primato italiano per
numero di inceneritori attivi sul territorio: siamo infatti secondi (a pari
merito) solo alla Lombardia, con 8 impianti attivi ciascuno.
Ma in Toscana, nel corso dell’anno che sta per finire, si
è assistito alla chiusura di diversi impianti.
Quello di Pietrasanta, in provincia di Lucca, è stato
bloccato nel 2010 in seguito all'immissione di liquidi tossici nei torrenti vicini all’impianto, ma già in
precedenza erano stati segnalati superamenti dei limiti relativi alla
concentrazione di metalli pesanti nelle acque e alti livelli di diossina. Oltre
a ciò, l’impianto è al centro di un’inchiesta per manomissione del sistema di
registrazione dei livelli di monossido di carbonio emesso: la rilevazione dei
dati è stata insomma alterata attraverso l’uso di un software appositamente
dedicato – e questo la dice lunga sull’affidabilità dei dati diffusi sulle
emissioni in atmosfera.
L’impianto di Castelnuovo Garfagnana, chiuso anch’esso già
dal 2010 e per il quale era stata ventilata la riapertura, resterà invece
definitivamente chiuso, in seguito alla decisione della Provincia di Lucca di aderire alla "Strategia Rifiuti Zero", già sperimentata con successo a
Capannori e ora estesa a tutto il territorio provinciale, con l’obiettivo immediato
di estendere la raccolta differenziata sino a raggiungere il 65% entro il 2012 (come deciso anche dalla
Provincia di Reggio Emilia) e, a più lungo termine, di raggiungere lo stadio
“rifiuti zero” entro il 2020.
L’inceneritore di Pisa ha invece visto chiudere per
emissioni di diossina superiori ai limiti di legge dapprima la linea 2, a
novembre, e un mese dopo anche la linea 1. Attualmente l’impianto è fermo per
lavori di manutenzione straordinaria e per verifica dei processi di
combustione.
La situazione dell’inceneritore di Scarlino è invece ancora
sospesa: il 18 novembre scorso il TAR della Toscana ne aveva annullato l’AIA e la
VIA, provocando la chiusura dell’impianto. Successivamente la società che lo
gestisce ha fatto ricorso e ha ottenuto dal Consiglio di Stato di poter
riprendere le attività fino al 10 gennaio, data dell’udienza di appello, da cui si attende una risposta definitiva sulle sue sorti.
Ciò che emerge con tutta evidenza dalle vicende qui
riassunte è che:
- a dispetto di tutte le rassicurazioni ufficiali, gli inceneritori creano molti problemi oggettivi e misurabili, che intaccano in modo immediato l’ambiente e dunque minano la salute dell’uomo;
- la strada dell’incenerimento pertanto non può più essere percorsa, sia per l’alto livello di inquinamento ambientale raggiunto in alcune zone (tra queste, certamente l’Emilia Romagna e, in particolare, la Pianura Padana), sia perché ciò contravviene espressamente alle stesse linee guida europee in materia di trattamento dei rifiuti. Tali indicazioni, sintetizzate in un documento della Commissione Europea, intitolato Portare avanti l’utilizzo sostenibile delle risorse. Una strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, mette al primo posto proprio la prevenzione nella produzione dei rifiuti, poi il loro riutilizzo, riciclaggio e recupero, considerando infine lo smaltimento come extrema ratio;
- la strada, ormai ampiamente nota, sintetizzata nella “Strategia Rifiuti Zero” è l’unica alternativa possibile e percorribile.
Nell’imminenza della fine dell’anno, vogliamo perciò augurarci e augurare a tutti che anche la nostra Provincia e la nostra Regione si decidano a cambiare strada, attuando politiche di riduzione e trattamento dei rifiuti che non incrementino ulteriormente l’inquinamento già insostenibile della nostra terra.
Buon 2012 a tutti …. senza inceneritori.
sabato 24 dicembre 2011
"AUGURI SCOMODI"
Il post di oggi è una celeberrima lettera di don Tonino
Bello, vescovo e attivista in movimenti pacifisti internazionali, alle cui
parole ci uniamo per formulare a tutti un sincero augurio per un Natale di pace.
Non obbedirei al mio dovere di Vescovo, se vi dicessi "Buon Natale" senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.
Non posso, infatti, sopportare l'idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla "routine" di calendario. Mi lusinga, addirittura, l'ipotesi che qualcuno li possa respingere al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali. E vi conceda la forza di inventarvi un'esistenza carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla ove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che lo sterco degli uomini o il bidone della spazzatura o l'inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell'affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunziano la pace portino guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che, poco più lontano di una spanna con l'aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfrutta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano i popoli allo sterminio per fame.
I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere "una gran luce", dovete partire dagli ultimi. Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell'edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, "facendo la guardia al gregge" e scrutando l'aurora, vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E poi vi ispirino un desiderio profondo di vivere poveri: che poi è l'unico modo per morire ricchi.
Buon Natale! Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza.
martedì 20 dicembre 2011
PRESTO CHIUSO L'INCENERITORE DI CAVAZZOLI (RE)
Il 16 dicembre scorso, a Reggio Emilia, i
Comuni riuniti nell’assemblea dell’ATO (Ambito Territoriale Ottimale) hanno
approvato un nuovo Piano d’ambito e il correlato Atto d’indirizzo per
l’attuazione del Piano provinciale di gestione dei rifiuti.
Le linee principali di questo
Atto, pensato per un medio-lungo periodo, prevedono anzitutto un incremento
della raccolta differenziata, i cui livelli sono già piuttosto elevati, fino a
raggiungere l’obiettivo prefissato del 67% nel 2014; e in secondo luogo un
processo di recupero, trattamento e smaltimento dei rifiuti, fra cui il TMB,
cioè il Trattamento Meccanico Biologico (il piano dettagliato può essere
visionato a questo link).
Queste misure renderanno possibile la chiusura di un
inceneritore (quello di Cavazzoli, nel 2012); secondo le stesse parole di Mirko Tutino, Assessore
alla Pianificazione e all’Ambiente della Provincia di Reggio Emilia, quello
proposto è “un modello che, se adottato in tutte le province
emiliano-romagnole, consentirebbe di spegnere almeno la metà dei
termovalorizzatori e superare gradualmente la tecnologia legata
all’incenerimento”.
Il caso di Reggio Emilia non è isolato: a Varese ad esempio, a fronte di un aumento della popolazione, si assiste a un decremento della produzione dei rifiuti urbani e a un incremento della raccolta differenziata, tale da scongiurare l’eventuale costruzione di un altro impianto di incenerimento.
Questi esempi dimostrano che gli inceneritori non sono necessari, se c’è la volontà politica di farne a meno. Ci auguriamo che strategie di questo tipo conoscano una sempre maggiore diffusione e che siano sempre più numerose le Amministrazioni capaci di scelte così lungimiranti.
lunedì 19 dicembre 2011
REPORT
Postiamo interamente il documentario di Report andato in onda ieri sera, 18 Dicembre 2011.
Improvvisamente la finanza speculativa si accorge che terreni fino a ieri potenzialmente destinati alla sola coltivazione di prodotti commestibili oggi renderebbero molto di più se sfruttati per produrre "biocarburanti". Poco importa se tutto questo è altamente immorale. Poco importa se le popolazioni indigene dei continenti più poveri del mondo vengono cacciate dalle loro terre, che si sono tramandate di padre in figlio per generazioni. Tutto questo in nome di una riduzione della CO2 che è solo sulla carta!
A questo punto ci chiediamo: che cosa lasceremo ai nostri figli?
Dal minuto 19:00 si parla anche degli "impianti a biomasse", che vanno tanto di moda in Italia.
venerdì 16 dicembre 2011
BIOMASSE DILAGANTI IN APPENNINO
La Provincia di Modena ha stanziato oltre cinque milioni di
euro per incentivare la produzione di “energie alternative” di derivazione agricola e per finanziare la realizzazione di impianti a biomassa, la maggior
parte dei quali dovrebbe essere costruita in Appennino (la notizia può essere letta qui).
Se ci si aggiunge la recente proposta di Fiper (Federazione Italiana
Produttori Energie Rinnovabili) circa la realizzazione di 801 centrali a
biomassa per i comuni non metanizzati, dislocati in particolare nel nord
Italia, si ottiene uno scenario sufficientemente indicativo della via che le
nostre Amministrazioni intendono percorrere e che è eufemistico definire
allarmante.
Innanzitutto, come può il cittadino sentirsi rassicurato
circa l’innocuità di impianti all’interno dei quali è di fatto possibile
bruciare di tutto? Secondariamente, fino a che punto è sostenibile una
diffusione capillare di impianti a biomassa alimentati da scarti agricoli e da
boschi?
Non c’è bisogno di lambiccarsi, ma è sufficiente guardarsi attorno e prendere
atto, ad esempio, di quanto sta accadendo in Germania, paese la cui superficie
forestale è pari a circa un terzo del territorio nazionale (percentuale
paragonabile a quella italiana). Ebbene, l'affiliata tedesca della multinazionale
energetica svedese Vattenfall, in base a un accordo con il senato di Berlino,
importerà alberi africani per produrre energia “verde” in Germania, dal momento
che i boschi locali non bastano a soddisfare il fabbisogno. Fabbisogno che,
peraltro, si limita a costituire appena poco più del 30% dei materiali
utilizzati dagli impianti a biomassa realizzati da Vattenfall: oltre il 60% è
infatti costituito da rifiuti domestici e industriali. Riassumendo, un colosso che gestisce anche centrali a carbone e impianti
nucleari deprederebbe l’Africa, creando emissioni di gas a effetto serra per
trasportare in Europa ingenti carichi di legname, in loco mischiando tutto ai
rifiuti - e questa sarebbe “energia verde”.
Ci sembra che ci sia più di un motivo per riflettere. Queste
semplici constatazioni, che sollevano grandi interrogativi, dovrebbero bastare
per rispondere alla domanda se le cosiddette “energie rinnovabili” siano sempre
davvero tali, o piuttosto grossi affari per qualcuno, ai danni delle comunità e
dell’ambiente.
Se qualcuno avesse dubbi su quanto siano collegati, in nome
degli affari, inquinamento e corruzione (assioma sostenuto da tempo dal Prof.
Paul Connett, divulgatore convinto della strategia Rifiuti Zero, sempre più
largamente attuata anche in grandi metropoli: emblematico è il caso di San
Francisco), non deve far altro che scorrere i quotidiani di questi giorni.
Su “Repubblica” si legge ad esempio che Iren, la multiutility che dovrebbe realizzare
l’inceneritore di Parma, “avrebbe pagato 880mila euro al Comune e alla
Provincia per la pratica” dell’impianto, secondo le dichiarazioni di un ex
consigliere di minoranza. Una pratica piuttosto
costosa e sulla quale il comitato Gestione Corretta Rifiuti di Parma sta
chiedendo a gran voce che sia fatta chiarezza.
E’ invece apparsa su “Il Fatto quotidiano” la notizia relativa all’arresto di undici
persone, rinviate a giudizio per avere smaltito rifiuti pericolosi all’interno
dell’inceneritore della Riso Scotti Energia, che avrebbe dovuto produrre
energia pulita (i reati contestati vanno dal traffico illecito di rifiuti a
truffa e corruzione, passando per la frode in pubbliche forniture).
Il problema è pertanto ben più complesso di quanto possa apparire a prima vista. Una revisione della normativa vigente in una direzione che tuteli maggiormente cittadini e territorio è indispensabile, a cominciare dagli incentivi per la produzione di energia elettrica da biomassa, che, al contrario di quanto sostiene Confagricoltura, non devono affatto essere incrementati ulteriormente, bensì, esattamente all’opposto, ritoccati al ribasso. Questi impianti devono essere
sostenibili da tutti i punti di vista: innanzitutto da quello ambientale
(devono cioè poter essere alimentati senza depredare il territorio e snaturarne
le caratteristiche; deve essere garantito il rispetto per l’ecosistema e per la vocazione del
territorio), ma anche da quello economico (se sono convenienti solo in
presenza di incentivi, evidentemente non si tratta di un’alternativa
percorribile né di una produzione virtuosa).
La diffusione capillare degli impianti a biomassa non ha
nulla di “verde”, perché non è sostenibile su larga scala: questo implica
necessariamente il ricorso ad altre fonti, che vengono attinte al mercato
globale (con le conseguenze sopra illustrate) o individuate nell’integrazione
con rifiuti (con l’evidente conseguenza di trasformare gli impianti in
inceneritori travestiti).
E’ chiaro che la logica sottesa a queste operazioni è
puramente economica: non possiamo accettare di essere depredati delle risorse fondamentali cui tutti abbiamo diritto (aria, acqua, terra). Non possiamo accettare di essere tutti avvelenati
per l’interesse finanziario di pochi.
(L'immagine è tratta dalla copertina della rivista TuttoNormel n. 11 Novembre 2011)
mercoledì 14 dicembre 2011
COMITATO CONTRO L'INCENERITORE INALCA
Riceviamo e postiamo la comunicazione relativa alla costituzione del Comitato contro l'inceneritore dell'Inalca, invitando come sempre tutti coloro che ne avessero la possibilità a partecipare.
"VENERDI' 16 DICEMBRE ALLE ORE 21, PRESSO LA SALA RIUNIONI IN PIAZZA CADUTI LIBERTA' A SPILAMBERTO (DI FIANCO AL MUNICIPIO), SI TERRA' L'ASSEMBLEA PER LA COSTITUZIONE DEL COMITATO NO INCENERITORE BIOMASSE INALCA.
SI RACCOMANDA LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI".
lunedì 12 dicembre 2011
MORATORIA CONTRO LE BIOMASSE
Il coordinamento interprovinciale dei Comitati civici di
Bologna e Ferrara, riunitosi venerdì 9 dicembre u.s. a Galliera, ha annunciato
l’intenzione di chiedere alla Regione Emilia Romagna la moratoria per
contrastare la proliferazione di impianti a biomasse per la produzione di energia elettrica, che la legge attuale non
solo consente, ma addirittura incoraggia.
La diffusione di tali impianti su un territorio che è già
fra i più inquinati del pianeta appare sempre più insostenibile: è
indispensabile pervenire a una revisione della normativa sulle fonti
rinnovabili di energia e, nell’attesa, impedire che vengano realizzati nuovi
impianti.
Qui di seguito, il testo dell’articolo (che può essere letto
anche a questo link).
Centrali a biogas chiesta la moratoria
Il coordinamento tra comitati civici riunito a Galliera
chiederà alla Regione lo stop alle costruzioni
GALLIERA (BO). La richiesta alla Regione Emilia Romagna di
uno stop alla costruzione di centrali a biogas. La moratoria è il prossimo
obiettivo del coordinamento tra comitati civici del Ferrarese e del Bolognese
contro la proliferazione delle centrali a biomasse, che per produrre
elettricità usano terreno dedicato all'agricoltura e incrementano il già
pesante inquinamento della Pianura Padana. E’ emerso l’altra sera a Galliera, a
margine di un’affollata tavola rotonda per informare i cittadini sui problemi
causati anche da queste centrali. Ad affermarlo, Maurizio Lodi (comitato
Territorio e vita di Galliera, tra gli esponenti del coordinamento
interprovinciale). "Abbiamo già svolto vari incontri - spiega Lodi - e ora
stiamo preparando la base legale per presentare alla Regione la richiesta di
moratoria".
E venerdì sera nella sala del municipio di Galliera –
territorio nel quale è stato presentato un progetto per una centrale a
biomassa, su cui il Comune ha detto no – erano molti i ferraresi presenti
all’iniziativa indetta dalla locale commissione consiliare sulla centrale. Tra
i relatori, con il professor Salvatore Virzì, primario di chirurgia
all’ospedale di Bentivoglio e consigliere comunale della maggioranza a S.
Pietro in Casale, c’erano Luigi Gasparini, il medico igienista referente per
Ferrara dell’Associazione Medici per l'Ambiente, e Cleante Ravani, il cittadino
bondenese che vive a pochi metri da quattro centrali a biogas.
E tra il pubblico, rappresentanti dei comitati anti biogas
di Poggio Renatico e Masi Torello.Gasperini ha aperto la tavola rotonda,
spiegando il grave inquinamento atmosferico della Pianura Padana e affermando
che il biogas, se "e' meno peggio di altri combustibili" ha un impatto sia per gli odori, sia
per lo spargimento del digestato sui campi, sia per le emissioni: le dirette,
connesse al bruciare metano per produrre elettricità (con produzione di polveri
sottili, diossine, benzene, acido solfidrico e non solo) e quelle indirette,
per gli scarichi dei mezzi che trasportano le biomasse agli impianti.
Quindi Ravani ha raccontato lo sconvolgente impatto sulla
sua vita degli impianti bondenesi e il dottor Virzì – che come medico ha
sollecitato Ravani a lasciare la sua casa, per evitare danni alla salute - ha
portato all’attenzione la ricca letteratura medica sugli effetti delle
emissioni, in particolare sull’incidenza nelle malattie respiratorie. Poi
parola al pubblico, con vari interventi, tra cui quello del sindaco di
Galliera, Anna Teresa Vergnana ("la nostra è un'amministrazione ben
diversa da quella di Bondeno" ha detto a Ravani) che ha ribadito come il
Comune andrà avanti per evitare l’insediamento della centrale.
Accorato l’appello di una rappresentante del comitato di
Masi Torello che, dopo aver ricordato che "il nostro sindaco ha tenuto
tutto nascosto" , ha richiamato i politici a difendere la salute dei
cittadini e ha posto l’accento sul problema etico dello sfruttamento di terreni
agricoli per produrre elettricità. E a dibattito finito, il commento di
un’esponente del comitato di Poggio Renatico: "Speriamo che il sindaco
Pavani si comporti come il sindaco di Galliera. E manetnga il no, già
annunciato, alla centrale". (al.vin)
sabato 10 dicembre 2011
CALATAFIMI: UN'AMMINISTRAZIONE VIRTUOSA
A Calatafimi-Segesta la costruzione di un impianto a biomasse è stata bloccata sul nascere per il parere contrario dell'Amministrazione Comunale e degli Enti locali coinvolti nell'iter autorizzativo, i quali hanno sottolineato la pericolosità di questo tipo di impianti per la salute umana e per l'ambiente, nonché gli effetti negativi per l'economia locale.
Questa è una dimostrazione lampante di quanto gli Amministratori lungimiranti possano contribuire in modo determinante e preventivo a tutelare i cittadini e gli interessi della comunità, anziché quelli - puramente economici - dei privati.
Auspichiamo che casi come quello di Calatafimi-Segesta non restino vicende isolate di buona amministrazione, ma servano di esempio per tutti.
Di seguito, il testo integrale dell'articolo (che può essere letto anche a questo link).
martedì 6 dicembre 2011
NUOVO COMITATO ANTI-INCENERITORE
Riceviamo e postiamo la comunicazione relativa all'imminente costituzione di un comitato contro l'inceneritore dell'Inalca. Invitiamo calorosamente chiunque ne abbia la possibilità a partecipare all'assemblea e alle iniziative che seguiranno, ricordando che anche ai fumi tossici piace la montagna...
"Al fine di formare un comitato civico apartitico è indetta una riunione per domani sera, mercoledì 7 dicembre, alle ore 20.30, presso la SALA RIUNIONI A FIANCO DEL COMUNE DI SPILAMBERTO, IN PIAZZA CADUTI LIBERTA'.
E' GRADITA LA PRESENZA DI TANTE PERSONE PER CERCARE DI SALVARE UN PO' DI AMBIENTE".
lunedì 5 dicembre 2011
COMUNICATO ISDE
Postiamo il comunicato inviato agli organi di stampa dall’ISDE (Società Internazionale dei Medici per l’Ambiente), in cui l'Associazione da un lato commenta i risultati emersi dal progetto Moniter, dall'altro prende le distanze dal comunicato della Giunta Regionale, il cui testo integrale può essere visionato qui. Tale comunicato, che offre una lettura dei dati contrastante con le conclusioni formulate dagli stessi ricercatori coinvolti nel progetto, è stato ripreso nei giorni scorsi dalla stampa locale, nonostante l'esplicita richiesta di ritirarlo formulata pubblicamente dallo stesso Presidente del Comitato scientifico di Moniter, professor Terracini.
“Sono stati
presentati ieri [2 dicembre 2011, ndr] a Bologna i risultati definitivi dello studio Moniter, studio
avviato nel 2007 dalla Regione Emilia Romagna per indagare gli effetti
sull’ambiente e sulla salute nelle popolazioni residenti in prossimità degli 8
inceneritori presenti sul territorio regionale. Tali risultati, in particolare
l’incremento dei linfomi non Hodgkin nella coorte di Modena, appaiono come
segnali di allarme circa l’esistenza di ricadute negative per la salute nelle
popolazioni esposte alle emissioni di questi impianti ed appaiono coerenti con
altre segnalazioni emerse dalla letteratura.
Abbiamo infatti appreso che ai rischi già segnalati di “piccoli
per età gestazionale” (ovvero di neonati di di peso inferiore alla nascita di
quanto ci si sarebbe aspettato) e di “nascite pretermine”, si aggiunge anche
un “andamento
crescente della prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di
esposizione”, un “andamento crescente con l’esposizione a carico della
totalità delle malformazioni” .
Inoltre la “mortalità per tumore a fegato e pancreas nei maschi è
significativamente associata nel livello di esposizione più elevato” e si registrano
inoltre incrementi anche di incidenza per tumore al pancreas nei
maschi
e, nella coorte di Modena più a lungo indagata, incrementi per tumore
al polmone nei maschi, tumore al colon, ovaio ed endometrio nelle femmine e linfomi
non Hodgkin in entrambi i sessi.
Segnaliamo che tali rischi, visti i tempi di latenza delle patologie
tumorali, potrebbero non essersi ancora manifestati in maniera totale nelle
altre coorti che non risultano altrettanto indagate come quella di Modena per
quanto attiene l’esposizione temporale.
Inoltre non ci sembra che siano stati indagati effetti a breve
termine, in particolare nei bambini, quali i ricoveri per patologie
respiratorie e cardiache, indicatori eccellenti di danni immediati alla salute
umana e “premonitori” dei danni a più lungo termine.
Ricordiamo che un recente studio condotto a Seoul su 4
inceneritori che rispettano i limiti emissivi ha valutato – per soli 4
inquinanti (PM10, NOx, SO2, CO) – un carico complessivo di morti e malati di
ben 297/persone anno!
Se poi si tiene conto che in letteratura gli studi che hanno
prodotto i risultati più significativi hanno indagato popolazioni residenti
entro 10 km e sono stati condotti su decine di impianti (nel Moniter indagati 8
impianti per un raggio di 4 km ciascuno), le nostre preoccupazioni non possono
che aumentare. Spiace inoltre constatare che nello studio Moniter, costato 3
milioni e 400 mila euro e che ha previsto sofisticate indagini ambientali, la
ricerca della diossine sia stata fatta nel particolato aereo e non in polli o
altri matrici viventi dove effettivamente questi inquinanti si accumulano come
esami autonomamente condotti a Forlì hanno evidenziato.
Non può quindi che destare profondo sconcerto la rassicurazione
a pieno campo operata dai decisori politici con il comunicato stampa emesso
dalla Giunta Regionale che letteralmente recita: “l’indagine
epidemiologica condotta nell’ambito di Moniter non mostra un incremento del
rischio nè per patologie tumorali, nè per la mortalità in generale.. Rimane
solo la conferma di un aumento delle nascite pre termine…. Anche questo dato
rimane tuttavia entro la media regionale e non è correlato a nessun aumento di
rischio per la salute dei neonati”.
A nostro avviso, ma evidentemente anche per il Presidente del
Comitato Scientifico che ha invitato a ritirare il comunicato suddetto, i
risultati di Moniter sono quanto meno segnali da non sottovalutare, tanto più
che viviamo nella Pianura Padana, una delle aree più inquinate del pianeta.
Pertanto, in accordo con i colleghi di Seoul non possiamo che
ribadire che: “nessun ulteriore aggravio per la salute umana proveniente
dall’incenerimento dei rifiuti può essere considerato accettabile” .
3 dicembre 2011
Sezione ISDE Bologna
Sezione ISDE Ferrara
Sezione ISDE Forlì
Sezione ISDE Parma
Sezione ISDE Piacenza
venerdì 2 dicembre 2011
CONVEGNO MONITER
Oggi, 2 dicembre 2011, si è tenuto a Bologna il convegno Moniter (Monitoraggio degli Inceneritori nel Territorio dell’Emilia Romagna), durante il quale sono stati resi noti i dati emersi da uno studio lungo e complesso, durato 4 anni (dal 2007 al 2011) e costato oltre tre milioni di euro. Il progetto, promosso e finanziato dalla Regione Emilia Romagna, si è articolato in sette linee di indirizzo e ha visto coinvolti molti tecnici e specialisti, per lo più appartenenti ad Arpa e Regione Emilia Romagna (spesso con funzione direttiva di singole linee di indagine), ai quali sono stati affiancati studiosi esterni, appartenenti a centri di ricerca o università.
Le linee progettuali hanno indagato: 1) il particolato
emesso dagli inceneritori; 2) la sorveglianza ambientale; 3) la valutazione
dell’esposizione umana; 4) gli effetti sulla salute; 5) la qualità dell’aria;
6) la definizione di un protocollo per la valutazione dell’impatto sanitario;
7) le modalità di comunicazione fra enti istituzionali e cittadini riguardo la
realizzazione e la gestione degli inceneritori, in considerazione della
crescente opposizione alla loro costruzione da parte dell’opinione pubblica.
Il resoconto dettagliato degli studi compiuti può essere
consultato in rete a questo link; il
nostro intento è qui semplicemente di fornire una sintesi dei risultati più
significativi per quanto riguarda le conseguenze provocate dagli inceneritori
sulla salute umana e, soprattutto, come vedremo, di stigmatizzare le modalità
comunicative scelte da alcuni relatori e dalla giunta regionale, volte a
minimizzare, quando non addirittura a stravolgere, il senso dei risultati
emersi.
Per quanto riguarda i dati, sono state osservate le seguenti
correlazioni:
Effetti a breve termine:
1) “un’associazione coerente e
statisticamente significativa tra livelli di esposizione ad emissioni da
inceneritore e nascite pretermine”, con “aumento progressivo del rischio” in
relazione all’aumento di esposizione (Atti del convegno, p. 98);
2) “un andamento crescente della
prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposizione” (ibid.).
Malformazioni congenite:
1) si osserva “un andamento
crescente con l’esposizione a carico della totalità delle malformazioni” (Atti
del convegno, p. 99).
Effetti a lungo termine:
1) “alcune sedi tumorali, colon nelle donne e linfoma non
Hodgkin, per le quali esisteva
già una debole evidenza a priori, sono state associate con
l’esposizione […]. Il tumore del fegato, anch’esso già segnalato in letteratura,
è risultato variamente associato con l’esposizione. Infine per il tumore del
pancreas, non esplorato in altri studi, è stata osservata nei maschi
un’associazione con l’esposizione” (Atti del convegno, p. 103).
A fronte di questi dati, oggettivi e inoppugnabili, abbiamo
comunque dovuto assistere allo spettacolo di alcuni relatori che,
arrampicandosi sugli specchi per minimizzare i risultati delle loro stesse
ricerche, facevano scorrere rapidamente le slides più significative o azzardavano
fantasiose interpretazioni alternative per giustificarli.
Ma il punto culminante è stato raggiunto al momento della
discussione finale, allorché ha preso la parola il dottor Crosignani, dell'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, chiedendo
spiegazioni a proposito di alcuni stralci del comunicato stampa diffuso dalla
giunta regionale, nel quale si concludeva che lo
studio avrebbe dimostrato l'assenza di un'associazione diretta e causale tra determinate patologie e l'esposizione agli inceneritori, cioè esattamente il
contrario di quanto emerso, nonostante gli evidenti sforzi compiuti per dissimularlo
nell’esposizione orale da parte di alcuni relatori, in spregio
dell’intelligenza del pubblico presente! A quel punto è intervenuto il prof.
Benedetto Terracini, epidemiologo di fama internazionale e Presidente del
Comitato scientifico di Moniter, dissociandosi radicalmente dal comunicato
stampa e chiedendo ufficialmente alla giunta di ritirarlo.
Ci domandiamo che valenza possa avere commissionare uno
studio lungo, articolato e complesso, se poi i dati vengono interpretati e
diffusi in senso puramente strumentale, per sostenere che “l’impatto di un
inceneritore dotato delle migliori tecnologie disponibili ed esercito al meglio
sulla qualità dell’aria è talmente basso da essere indiscernibile” (secondo le
parole di Mario Cirillo, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale: Atti del convegno, p. 10).
E la risposta che ci diamo è la seguente: la Regione Emilia
Romagna, seguendo le linee nazionali, sta incrementando spaventosamente la
presenza di impianti di incenerimento variamente caratterizzati e denominati su
tutto il territorio e, avendo bisogno di un sostegno da opporre alle crescenti
proteste dei cittadini organizzati in comitati, lo va cercando nella comunità
scientifica. Fortunatamente, senza trovarlo.
Ma che fiducia possono continuare a nutrire i cittadini verso questi politici, verso questo modo di fare politica, verso questi tentativi di rendere accettabile (spacciandolo per innocuo) ciò che danneggia gravemente la nostra salute e quella dei nostri figli, puntando su strategie comunicative opportune, "ad esempio utilizzando il linguaggio delle emozioni e in particolare quelle positive, es. fiducia, serenità, ottimismo, etc." (Atti del convegno, p. 164, precisamente a proposito delle modalità comunicative da utilizzare per risolvere i conflitti tra cittadini e soggetti proponenti inceneritori di varia natura)?
Non intendiamo farci abbindolare dalle parole. Auspichiamo da parte di tutti una sempre maggior consapevolezza, una sempre maggior ricerca di informazione attinta direttamente alle fonti, una sempre maggior partecipazione al processo decisionale. Affinché non tutto continui ad avvenire sopra le nostre teste, a nostra insaputa e nostro malgrado.
Link correlati:
Articolo su Il fatto quotidiano
Video di Giovanni Favia
Comunicato stampa della Regione Emilia Romagna
Non intendiamo farci abbindolare dalle parole. Auspichiamo da parte di tutti una sempre maggior consapevolezza, una sempre maggior ricerca di informazione attinta direttamente alle fonti, una sempre maggior partecipazione al processo decisionale. Affinché non tutto continui ad avvenire sopra le nostre teste, a nostra insaputa e nostro malgrado.
Link correlati:
Articolo su Il fatto quotidiano
Video di Giovanni Favia
Comunicato stampa della Regione Emilia Romagna
lunedì 28 novembre 2011
INALCA
Si tratta di un impianto di
grosse dimensioni (5 MW elettrici contro 1 MW elettrico del progetto annullato a San Dalmazio). L'impianto sarebbe finalizzato a bruciare gli scarti della
macellazione per produrre energia elettrica (incentivata) e calore, e verrebbe realizzato nello stesso sito in cui si
lavorano le carni destinate all'alimentazione umana. Ci saranno contaminazioni tra la linea che ingressa gli scarti di macellazione (circa 31 mila tonnellate all'anno, trattate con acido cloridrico) e la linea che produce carne da mangiare? Non lo sappiamo, comunque questo ci basta per essere molto preoccupati.
Oltre a ciò, dalla prima lettura dei documenti, disponibili sul sito della provincia di Modena, non appare chiaro come, attraverso la tecnologia scelta, che lavora a bassa temperatura, si possano controllare le emissioni di diossina in ambiente, con possibili gravi conseguenze sulla salute, sia dirette, sia indirette (che ricadrebbero sulle attività produttive circostanti: allevamenti, coltivazioni, produzioni tipiche).
I cittadini di Castelvetro si stanno
organizzando in Comitato e hanno iniziato una raccolta firme per contrastare la
realizzazione dell’impianto. Il Comitato di San Dalmazio, nell’ambito delle
proprie possibilità, intende fornire il proprio supporto sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista mediatico, contribuendo a
diffondere notizie e comunicazioni.
In particolare, invitiamo tutti a partecipare alla pubblica assemblea indetta per mercoledì 30 novembre, di cui postiamo sopra il volantino: contiamo sul senso civico di tutti, ricordando anche che i fumi tossici non conoscono confini...
Appena possibile, predisporremo i punti per contribuire alla raccolta firme.
In particolare, invitiamo tutti a partecipare alla pubblica assemblea indetta per mercoledì 30 novembre, di cui postiamo sopra il volantino: contiamo sul senso civico di tutti, ricordando anche che i fumi tossici non conoscono confini...
Appena possibile, predisporremo i punti per contribuire alla raccolta firme.
lunedì 21 novembre 2011
SCACCO MATTO
Come anticipato nel post di
domenica, solo ora siamo in grado di fare un resoconto dell’esito della vicenda
dell’inceneritore di San Dalmazio, oggetto della pubblica assemblea indetta
dall’Amministrazione Comunale di Serramazzoni venerdì 18 novembre u.s.
L’esame di due faldoni e di due
cd-rom contenenti tutta la documentazione ha infatti richiesto molto tempo e
non è nel nostro stile pronunciarci in maniera affrettata, senza avere potuto
esaminare tutti gli atti di cui si parla (come già detto, nonostante tutto
fosse disponibile già dal 16 novembre, il Comitato ha avuto accesso alla
documentazione solo il giorno dopo
l’assemblea pubblica). Nello stesso modo, non siamo abituati a farci
coinvolgere in discussioni dai toni talmente alterati da costringerci ad alzare
la voce per poter proseguire un discorso, come accaduto nella serata di
venerdì.
Per queste ragioni, abbiamo
preferito differire i commenti, a favore di una visione più lucida e distaccata
degli eventi.
L’esame degli atti ci ha permesso
di comprendere perché ci siano stati consegnati solo dopo l’assemblea: in
questo modo, l’Amministrazione ha infatti potuto fornire la sua interpretazione
dei fatti senza possibilità di contraddittorio, sostenendo in particolare di
avere sempre prodotto atti legittimi. Gli atti, ora completi, affermano ESATTAMENTE IL CONTRARIO.
In primo luogo, la
documentazione dimostra senza possibilità di equivoci che la DIA è stata
annullata perché il cosiddetto “impianto a biomassa” deve essere correttamente
qualificato come “inceneritore di rifiuti” e, in quanto tale, NON POTEVA IN
ALCUN MODO ESSERE AUTORIZZATO MEDIANTE UNA SEMPLICE DIA.
Poiché l’impianto INCENERISCE I
RIFIUTI PER PRODURRE ENERGIA ELETTRICA, sarebbe stato necessario procedere fin
da subito con una autorizzazione unica in Provincia (ai sensi del D.Lgs 387/2003), senza trascurare ovviamente le dovute procedure di Valutazione
Impatto Ambientale o Screening (ai sensi dell’art. 208 del Codice Ambientale) e,
non ultima, la Conferenza dei Servizi. TUTTO QUESTO NON E’ MAI STATO FATTO e,
poiché gli atti prodotti erano dunque ILLEGITTIMI, si è giunti all’ANNULLAMENTO
in autotutela.
In secondo luogo, vorremmo
evidenziare che il Comune di Serramazzoni aveva già prodotto un PARERE
FAVOREVOLE DAL PUNTO DI VISTA URBANISTICO (in data 11/12/2010, prot. n. 14254), a firma del responsabile
del Servizio Urbanistica Edilizia Privata, Geom. Enrico Tagliazucchi, in merito
alla “richiesta di rilascio di compatibiltà urbanistica ai fini
dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera derivanti dalla attività di
produzione di energia elettrica da fonti alternative e più precisamente da
biomassa agricola, in prevalenza compost, da realizzarsi in Via Corniola Grocci – San
Dalmazio – Serramazzoni (MO)”.
Nonostante il Geom. Enrico
Tagliazucchi non abbia alcuna competenza specifica riguardo ad impianti che
bruciano/gassificano “compost”, ha espresso PARERE URBANISTICO FAVOREVOLE,
senza sapere bene cosa fosse questo “compost”.
In sintesi, l’Amministrazione,
che ha riconosciuto innumerevoli volte di non avere la competenza per giudicare
sul piano tecnico questi impianti, ha comunque ritenuto opportuno andare
avanti, camuffando questo inceneritore sotto le mentite spoglie prima di un
capannone agricolo e poi di un impianto a “fonte rinnovabile”, attivando un
iter autorizzativo “casalingo”, non conforme alla normativa, che ha portato a
sottovalutare, con singolare superficialità, svariate problematiche di tipo
urbanistico, ambientale e tecnico, come abbiamo ampiamente documentato nel
nostro ricorso al TAR e nella nostra istanza di autotutela.
Solo a seguito delle forti
pressioni esercitate dal Comitato è stato attivato un procedimento di verifica della DIA, ma fino alla fine l’Amministrazione
rifiuta di riconoscere gli errori compiuti, ossia di aver prodotto ATTI
ILLEGITTIMI, e si ostina a voler accusare il Comitato di essersi prestato a
strumentalizzazioni politiche, quando invece,
esattamente all’opposto, ha svolto una funzione di interesse pubblico che
sarebbe spettata all’Amministrazione!
E’ forse vantaggioso per qualcuno
indurre le persone a ritenere che dietro ogni azione ci sia un interesse
personale, pubblico o privato; è forse utile mescolare le carte, nel tentativo
di nascondere i propri errori. Ma qui, come è evidente, ci sono solo cittadini
associati in un Comitato svincolato da qualsiasi schieramento politico e il cui
unico interesse è il bene comune, anche se per alcuni sembra difficile da
capire o da credere.
Per questo, nell’esultare per
aver conseguito il risultato a cui hanno teso tutti i nostri sforzi nel corso
di questi lunghi mesi, ci rammarichiamo dell’atteggiamento tenuto fino alla
fine dall’Amministrazione Comunale di Serramazzoni. In altri paesi democratici, un comportamento di questo tipo avrebbe
portato alle IMMEDIATE DIMISSIONI DEI DIRETTI RESPONSABILI.
Prima di concludere, vogliamo
ringraziare con tutto il cuore le oltre tremila persone che hanno sostenuto la
nostra battaglia. Un particolare ringraziamento va ai cittadini che sono
intervenuti all’assemblea di venerdì 18 novembre e che hanno risposto, meglio
di quanto avremmo potuto fare noi stessi, alle insinuazioni dell’Amministrazione
sull’inutilità del lavoro svolto dal Comitato e
sul denaro che avrebbe fatto spendere inutilmente ai cittadini per il ricorso
al TAR.
La veemenza e il calore con cui i presenti hanno rivendicato il nostro ruolo fondamentale sono stati per noi il riconoscimento più bello per le energie spese e per gli sforzi compiuti nella difesa del bene comune.
La veemenza e il calore con cui i presenti hanno rivendicato il nostro ruolo fondamentale sono stati per noi il riconoscimento più bello per le energie spese e per gli sforzi compiuti nella difesa del bene comune.
domenica 20 novembre 2011
ANNULLAMENTO
Venerdì 18 novembre u.s., nel corso di un'assemblea pubblica indetta dall'Amministrazione Comunale di Serramazzoni, è stato annunciato l'annullamento della DIA che avrebbe consentito la realizzazione dell'impianto di San Dalmazio.
Il Comitato, benché gli atti relativi al procedimento di verifica della legittimità della DIA fossero già disponibili, ha avuto accesso ad essi solamente ieri, sabato 19: la mancata conoscenza degli atti ci ha pertanto impedito di argomentare e rispondere agli interventi degli amministratori, costringendoci a osservazioni di carattere generale, senza potere entrare nel merito.
Attualmente i tecnici del Comitato stanno studiando la documentazione, che è piuttosto voluminosa; appena possibile, posteremo una sintesi delle nostre valutazioni.
mercoledì 16 novembre 2011
Articolo 15-11-2011 Il Resto del Carlino
E' uscito ieri sul "Resto del Carlino" l'articolo sopra riportato, che annuncia la realizzazione di alcuni impianti a biomasse in altrettanti centri dell'Appennino (nell'immediato, Fanano, Pievepelago e Montecreto).
Siamo
molto soddisfatti di apprendere che il caso di San Dalmazio ha fatto
scuola: altri Comuni montani, prima di procedere con le autorizzazioni,
intendono mettere bene in chiaro che il loro impianto non è come quello
proposto a Serramazzoni!
In
primo luogo, gli impianti proposti negli altri comuni sono molto più
contenuti (circa 12 volte più piccoli del "nostro" dissociatore
molecolare) e sono destinati al solo teleriscaldamento, quindi
progettati per funzionare soltanto nel periodo invernale (solo 2500 ore
all'anno, contro le 8000 ore all'anno dell'impianto proposto a
Serramazzoni).
Secondariamente,
si tratta di impianti che funzionano esclusivamente a cippato di bosco,
basandosi su appalti di fornitura concessi ad agricoltori locali che
possono garantire la filiera: chiaramente queste caldaie non possono
funzionare se alimentate con rifiuti solidi urbani (per citare soltanto
un tipo di materiale che invece potrebbe essere smaltito
nell'inceneritore di Serramazzoni).
Infine
ci teniamo a precisare che nel piccolo Comune di Montecreto, anche se
l'opera verrebbe realizzata da un privato, il Sindaco si è premurato di
informare prima i cittadini.
Ci auguriamo vivamente che l'esempio mostrato da questi Comuni appenninici venga seguito da tutti.
sabato 12 novembre 2011
RESOCONTO - INCONTRO VARIANTE N.T.A. DEL 10/11/2011
Postiamo oggi il resoconto dell’incontro tenutosi giovedì 10 novembre 2011 tra l’Amministrazione Comunale di Serramazzoni, i rappresentanti dei gruppi di minoranza e quelli di diverse associazioni di agricoltori. L’invito a partecipare, che abbiamo postato ieri, era esteso anche a due dirigenti dell’area Territorio e Ambiente della Provincia di Modena, che tuttavia non hanno presenziato alla riunione, così come non era presente l'assessore all'Ambiente del Comune di Serramazzoni, mentre i rappresentanti del Comitato sono stati convocati in seconda battuta, su esplicita richiesta da parte nostra.
Come anticipato ieri, tema dell’incontro era stimolare una riflessione collettiva sulla variante alle N.T.A. proposta dall’Amministrazione nel corso del Consiglio Comunale del 29 settembre u.s., volta a stabilire una distanza minima di 2 km dai centri abitati per gli impianti a biomasse che si volessero costruire in futuro nel territorio del Comune di Serramazzoni.
Innanzitutto, abbiamo avuto il piacere di vedere condivisa la nostra opposizione all’impianto di San Dalmazio da parte di tutti i rappresentanti di categoria: è stato concordemente osservato, infatti, che il suddetto impianto sarebbe completamente estraneo a qualsiasi logica di tipo agricolo, essendo, per la tecnologia scelta e per la potenza dell'impianto, completamente avulso dalle esigenze del nostro territorio. I rappresentanti delle associazioni di agricoltori si sono dichiarati disponibili a dare il loro contributo all’elaborazione di linee guida, che da un lato permettano di tutelare il territorio e dall’altro non impediscano la realizzazione di impianti virtuosi, collegati ad aziende attive e alle relative produzioni.
Ma qui sorgono i problemi. Il Comitato, come si legge nell’intervento del Presidente postato ieri, ha indicato alcune delle caratteristiche che permetterebbero di operare una cernita tra impianti diversi, in modo tale da escludere futuri tentativi di spacciare inceneritori di dimensioni industriali per piccoli impianti a biogas. Ma questi rilievi, sollecitati dall’Amministrazione stessa, rischiano di porsi in contrasto con una Legge Regionale che, allo stato attuale, è ampiamente permissiva. Le strade possibili sono perciò due: la prima, limitarsi rigidamente alla norma regionale, che consentirebbe di inserire distanze di tutela dai centri abitati solo per gli impianti di produzione di energia elettrica che non operino in assetto cogenerativo; la seconda, intraprendere un tentativo di introdurre criteri di valutazione e selezione degli impianti pensati sulle reali esigenze del territorio, consapevoli però che allo stato attuale la legge regionale va in tutt’altra direzione.
La sensazione è che si stia semplicemente prendendo (e perdendo) tempo: si sollecita la partecipazione dei rappresentanti di categoria per ingraziarseli, consapevoli che a livello normativo il Comune può fare ben poco, con operazioni che sembrano già demagogicamente orientate alla campagna elettorale.
In particolare, ci sembra preoccupante e inaccettabile che, come emerso nel corso della discussione, l’Amministrazione Comunale continui a giudicare poco praticabile la via della condivisione con i cittadini di scelte gravose (e i cui risultati ricadrebbero pesantemente sulle loro teste) come quelle relative agli impianti in oggetto.
Data la complessità della materia, la scarsa diffusione delle competenze necessarie per giudicare la qualità e l’impatto di tali impianti, l’incertezza della normativa (continuamente soggetta a revisione - fatto stesso che ne denuncia l'inadeguatezza), ci sembra imprescindibile una discussione la più ampia possibile fra tutti i soggetti coinvolti, e dunque cittadini in primis, di ogni progetto di impianti simili che venga proposto. In caso contrario, infatti, il rischio è quello di veder proliferare comitati, come in effetti sta accadendo ovunque in Italia, con disagi, sperperi e sofferenza che si potrebbero facilmente evitare.
Concludiamo sostenendo che la vera, unica, possibile soluzione è pervenire in tempi brevi a una modifica della legge regionale. E' pertanto indispensabile un'azione sinergica da parte di forze politiche e istituzionali che convergano verso la definizione di linee guida condivise, che possano contribuire a diradare le nebbie di una normativa confusa, da cui conseguono l'attuale situazione di caos relativo alle tipologie di impianti ammissibili e il proliferare indiscriminato degli stessi sul territorio.
In questo senso e in quest'ottica, è fondamentale l'azione di controllo costruttivo svolto dai comitati, di cui auspichiamo una presenza sempre più massiccia e coordinata.
Data la complessità della materia, la scarsa diffusione delle competenze necessarie per giudicare la qualità e l’impatto di tali impianti, l’incertezza della normativa (continuamente soggetta a revisione - fatto stesso che ne denuncia l'inadeguatezza), ci sembra imprescindibile una discussione la più ampia possibile fra tutti i soggetti coinvolti, e dunque cittadini in primis, di ogni progetto di impianti simili che venga proposto. In caso contrario, infatti, il rischio è quello di veder proliferare comitati, come in effetti sta accadendo ovunque in Italia, con disagi, sperperi e sofferenza che si potrebbero facilmente evitare.
Concludiamo sostenendo che la vera, unica, possibile soluzione è pervenire in tempi brevi a una modifica della legge regionale. E' pertanto indispensabile un'azione sinergica da parte di forze politiche e istituzionali che convergano verso la definizione di linee guida condivise, che possano contribuire a diradare le nebbie di una normativa confusa, da cui conseguono l'attuale situazione di caos relativo alle tipologie di impianti ammissibili e il proliferare indiscriminato degli stessi sul territorio.
In questo senso e in quest'ottica, è fondamentale l'azione di controllo costruttivo svolto dai comitati, di cui auspichiamo una presenza sempre più massiccia e coordinata.
venerdì 11 novembre 2011
INTERVENTO - INCONTRO IN COMUNE SULLA "VARIANTE DEI 2 KM"
Pubblichiamo il testo dell'intervento del Presidente del Comitato all'incontro che si è tenuto ieri pomeriggio in Comune tra rappresentanti di diverse associazioni degli agricoltori e Amministrazione Comunale, riguardante la così detta 'variante dei 2 km' (di cui avevamo già parlato il 29-09-2011).
Presentazione ------------- Mi chiamo Enrico Bussei, sono un ingegnere meccanico e nel mio lavoro mi occupo di energia, tuttavia questa sera sono stato invitato in veste di presidente del Comitato Civico di San Dalmazio a tutela della salute e dell'ambiente. Il comitato nasce nell'agosto di quest'anno ed ha come scopo quello di impedire, con ogni mezzo consentito dalla legge, la costruzione e la messa in esercizio di un impianto di “Produzione di energia elettrica da biomassa” che si dovrebbe realizzare a San Dalmazio. Il fatto -------- Il Comitato ha dimostrato che l'impianto proposto a San Dalmazio, chiamato “dissociatore molecolare”, è in realtà un vero e proprio inceneritore di rifiuti. Infatti la tecnologia scelta è costituita da una prima fase di gassificazione del materiale organico a 400°C (produzione di SYNGAS), da una seconda fase costituita da una caldaia adiabatica di ossidazione a 1000°C del SYNGAS stesso, che alimenta poi una caldaia a recupero ad olio diatermico, che a sua volta alimenta una turbina ORC che produce 1000 kW elettrici. La potenza termica lorda del materiale in ingresso è pari a quasi 8000 kW termici. Alla fine del processo si ottengono ceneri da smaltire (diverse tonnellate al giorno), emissioni in atmosfera che tutti respirano, filtri pieni di polveri da smaltire come rifiuti, acque o fanghi di processo pure da smaltire. Tutto questo da realizzarsi di fronte ad una scuola materna ed elementare, attraverso una azienda agricola creata EX NOVO, che ad oggi sul nostro territorio non svolge alcuna attività agricola. Nelle relazioni tecniche agli atti vengono proposti come materiali da trattare nell'impianto, oltre alle biomasse, un lungo elenco di rifiuti (anche pericolosi) che possono essere smaltiti dallo stesso impianto; viene poi spiegato che le ceneri prodotte verranno utilizzare come “arricchimento” dei terreni destinati alle coltivazioni agricole; viene infine descritta la tecnologia scelta per il trattamento dei fumi, che è del tutto analoga a quella adottata all'interno di un normale inceneritore. Tale impianto, per poter essere autorizzato in zona agricola, viene descritto come un impianto a biomasse. L'impianto dovrebbe trattare circa 56 tonnellate al giorno di biomasse (che in realtà, come si è visto, potranno essere rifiuti di ogni genere), senza preoccuarsi di indicare chiaramente la filiera a monte che dovrebbe alimentare l'impianto: IN ALTRE PAROLE, NON SI SA DA DOVE PROVERRANNO LE “BIOMASSE” DA UTILIZZARE. L'impianto viene realizzato per accedere ad una tariffa incentivante onnicomprensiva concessa dal GSE pari a 280€/MWh: è da qui che proviene l’interesse, tutto italiano, verso questo tipo di impianti: in tutta Europa, invece, gli impianti a combustione diretta di biomassa per la produzione di energia elettrica non sono più costruiti da quasi 10 anni, perché non sono sostenibili dal punto di vista ambientale e pertanto i governi ritengono di non doverli finanziare in alcun modo. In Italia, allo stato attuale, sono ancora sostenibili solo dal punto di vista economico, naturalmente fino a quando continueranno ad esserci incentivi. Attualmente i lavori a San Dalmazio sono fermi, perché la documentazione prodotta dalla ditta proponente era priva di alcuni documenti progettuali obbligatori per legge; inoltre dopo l’ 8 settembre 2011, grazie ad una istanza di annullamento in autotutela avanzata dal Comitato, è stato avviato un procedimento di verifica di legittimità dei titoli abilitativi presso il SUAP della Comunità Montana del Frignano. Siamo in attesa che tale procedimento si concluda entro la metà di novembre e auspichiamo che ciò avvenga con un atto ufficiale di annullamento dei titoli abilitativi già rilasciati. Nel frattempo siamo stati costretti a fare ricorso al TAR, perché il 26 ottobre scorso sarebbero scaduti i nostri termini di impugnazione e, in caso di ricusazione dell’istanza di autotuela, ai cittadini non sarebbero rimaste altre strade legali e praticabili per cercare di bloccare la costruzione dell’impianto. Intenzioni ---------- Come Comitato, siamo consapevoli e ci siamo battuti perché fosse chiaro a tutti che questo tipo di impianto non poteva essere realizzato in zona agricola, a pochi passi dal centro abitato e dalle scuole materne ed elementari. Tuttavia il Comitato è anche consapevole che la normativa regionale e nazionale è favorevole agli impianti a biomasse, in particolare nelle zone montane, così come siamo consapevoli che la normativa sulle biomasse non è affatto chiara; nel frattempo le ditte costruttrici spingono per vendere impianti di grossa taglia, spesso troppo sovradimensionati per le reali esigenze dell'azienda agricola che vuole investire. Questo mix di condizioni ci preoccupa enormemente, perché stiamo vivendo la vicenda di San Dalmazio con grande sofferenza e non vogliamo passare la nostra vita a combattere contro situazioni assurde come questa. Il Comitato si pone come soggetto indipendente a difesa del cittadino: nel futuro saremo sempre più comitati vigili e disponibili ad esaminare gli atti, perché sono i cittadini a costituire i Comitati e a portare le informazioni ai Comitati stessi. Numeri ------ Quanto vale una tonnellata di letame bovino se trasformata in energia elettrica? Circa 30 euro. Però la tonnellata di letame che conoscevano i nostri nonni viene trasformata in qualcosa d’altro: cenere ed emissioni in ambiente nel caso degli impianti a combustione diretta, biodigestato ed emissioni in ambiente nel caso di impianti a biogas. Quanto vale una tonnellata di letame bovino utilizzato nella concimazione dei campi? E’ più difficile dirlo, anche perché a Serramazzoni vi sono gli specialisti del letame: come sapete, la “poesia del letame” è stata scritta a Pompeano, dove addirittura si sono inventati il Festival del letame che è “cibo della terra”. Questi signori sono riusciti a vendere il parmigiano reggiano biologico in tutto il mondo e sicuramente la loro intuizione, il cumulo di letame biodinamico, ha avuto grande successo internazionale. Vogliamo aggiungere che, anche considerando i soli impianti a BIOGAS, sicuramente meno impattanti rispetto agli impianti a combustione diretta di biomassa, per ottenere rese elevate devono essere alimentati da quantità significative di materia prima vegetale (ad alto contenuto di carbonio), ad esempio insilati di mais o di sorgo o di grano, che di fatto sottraggono terreno fertile alle colture destinate all’alimentazione umana ed animale. Per motivi di costo e di reperibilità, molto spesso questa frazione “nobile” viene sostituita con materiale organico di risulta da lavorazioni agro-industriali o più genericamente dalle frazioni organiche dei rifiuti urbani. Questi materiali di scarto, classificati come rifiuti, sono tuttavia più problematici da gestire e da autorizzare soprattutto se vi sono trasporti e stoccaggi intermedi. Domande ------- 1) Chiediamo alle associazioni qui presenti di esprimere un parere sull’impianto proposto a San Dalmazio. 2) Chiediamo alle forze politiche qui presenti di esprimere un giudizio netto a favore o contro l’impianto proposto a San Dalmazio e chiediamo che tale giudizio venga esplicitato nella prossima campagna elettorale come punto fondamentale dai candidati che vi vorranno partecipare. 3) Chiediamo alle associazioni e alle forze politiche qui presenti di esprimere le loro linee di indirizzo sul tema dello sfruttamento delle biomasse per finalità energetiche. Variante dei 2 km ----------------- Il Comitato ha sostenuto, fin dall’inizio, che la così detta variante alle NTA “dei 2 km”, per come è stata proposta, è in contrasto con la normativa vigente. La misura di tutela può essere indicata dai Comuni, ai sensi della legge regionale 5 agosto 2011, solo per impianti che NON operano in assetto cogenerativo o trigenerativo, ossia impianti che non recuperano la parte termica dell’energia prodotta; in pratica non è possibile portare a 2 km un impianto che deve recuperare l’energia termica per riscaldare delle abitazioni ad esempio. Riteniamo che in particolare le amministrazioni, per tutti i tipi di impianti che vengono proposti sul territorio, debbano essere in grado di capire la natura dell’impianto e di distinguere tra impianti buoni e impianti non buoni, stabilendo dei criteri di valutazione condivisi con la cittadinanza, ad esempio: 1) FILIERA - si può autorizzare un impianto solo se esiste una filiera certa a monte dell’impianto stesso 2) DISTANZE - quanta distanza deve percorrere la biomassa prima di essere utilizzata (favorire filiere a km zero o comunque all’interno del proprio Comune per garantirne anche la tracciabilità) 3) RENDIMENTI - stabilire dei rendimenti minimi per selezionare le tecnologie da adottare ad esempio: > 85% per la sola parte termica, >60% annuale per la cogenerazione/trigenerazione (termico + elettrico al netto degli ausiliari). 4) POTENZA - favorire gli impianti di piccola potenza a servizio delle attività agricole e sfavorire i grossi impianti speculativi slegati dalla realtà aziendale. 5) TONNELLAGGIO - favorire gli impianti che muovono poco materiale sulle strade e stabilire un tonnellaggio massimo annuale in funzione della capacità delle strade che si devono percorrere per raggiungere l’impianto 6) TITOLARITA’ - favorire le imprese che sono già presenti sul territorio e che dimostrano di avere reali attività agricole in grado di produrre la biomassa necessaria a far funzionare l’impianto. La cosa più importante è stimolare sempre la partecipazione della popolazione in queste scelte ancora troppo delicate per essere prese in completa autonomia dalle amministrazioni: è indispensabilie informare, coinvolgere i cittadini e le associazioni di cittadini, raccogliere opinioni e condividere le scelte;il bene comune non dovrebbe essere oggetto di contenziosi fra opposti schieramenti, ma interesse di tutti.
sabato 5 novembre 2011
RACCOLTA DIFFERENZIATA ... MILANO, 1939
Il luogo comune vuole che la società dei consumi necessiti inevitabilmente di inceneritori: molto produciamo, molto scartiamo.
Anche volendo prescindere da un’ormai inevitabile
riflessione sull’eticità e sulla sostenibilità dell’ideologia della crescita continua
(che, oltre ad affamare milioni di persone, sta portando la civiltà
globalizzata sull’orlo del collasso), la storia insegna come le soluzioni
siano spesso a portata da mano, se non ci si fa abbagliare dalle menzogne di
chi guarda solo all’interesse economico personale.
Il documentario che postiamo oggi mostra il funzionamento
della raccolta differenziata a valle a Milano, nel 1939. Quasi un secolo fa,
con meno denaro, meno mezzi, meno tecnologia a disposizione, ma più buon senso,
si era già arrivati alla soluzione. Senza inceneritori.
giovedì 3 novembre 2011
CONVOCAZIONE CONSIGLIO DIRETTIVO 4 NOVEMBRE 2011
Venerdì 4 novembre 2011 alle ore 20.30, presso la sede del Comitato, è convocato il consiglio direttivo, con il seguente Ordine del giorno:
1. Aggiornamento della situazione;
2. Varie ed eventuali.
1. Aggiornamento della situazione;
2. Varie ed eventuali.
sabato 29 ottobre 2011
RISVEGLI TARDIVI
Non possiamo accettare il tentativo di compiere piccole operazioni di propaganda pre-elettorale, speculando su una vicenda assai preoccupante e non certo risolta, senza nemmeno avere letto gli atti.
Chi aveva veramente il potere di fare qualcosa non ha fatto nulla, se qualcosa è stato fatto non è stato sufficiente o è stato fatto in ritardo.
Il Comitato, assieme a tantissimi privati cittadini, ciascuno con propri mezzi e attitudini personali, sta facendo azioni legali per porre rimedio a questa situazione assurda.
Per difendere il nostro ambiente e la nostra salute siamo stati costretti a fare ricorso al TAR. Nessuno ci ha aiutato per evitare che si arrivasse al ricorso, questo è un fatto inconfutabile!
Ora riponiamo tutta la nostra fiducia nella giustizia.
Postiamo i due articoli apparsi su "L'Informazione", rispettivamente Mercoledì 26-10 e Venerdì 28-10 (cliccare le immagini per ingrandire).
lunedì 24 ottobre 2011
GRAZIE
Riportiamo il grafico delle firme raccolte dal Comitato, suddivise per comune di appartenenza.
Ringraziamo di cuore le 3230 persone che hanno scelto di aderire al Comitato e di sostenerne l’azione, in qualunque forma abbiano manifestato la propria presenza, rafforzandoci nella convinzione e nella determinatezza ad agire per il bene comune. Le firme raccolte sono state depositate e allegate al ricorso al TAR.
Rivolgiamo un ringraziamento particolare ai volontari che hanno reso possibile questo straordinario risultato, dedicando il loro tempo, le loro serate, le loro vacanze estive alla campagna di informazione e di sensibilizzazione di tante persone riguardo un progetto così impattante per la salute e per l'ambiente, che non interessa solo la frazione di San Dalmazio, come dimostra la provenienza eterogenea dei firmatari, ma un bacino che va dalla città all’Appennino, polmone verde (e ci auguriamo che lo rimanga a lungo!) di un territorio già così devastato dall’inquinamento.
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